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May 08, 2024

Recensioni sulle capsule Popcorn Frights 2023

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L'ultima edizione delFestival cinematografico di La paura dei popcornvolge al termine, ponendo fine a infinite anteprime di film, proiezioni di repertorio e celebrazioni dell'orrore.

La nostra prima carrellata di recensioni sulla capsule Popcorn Frights 2023 includeva musical horror e rivoluzionari generi sperimentali. La festa non ha rallentato neanche nella seconda metà.

Ecco un riepilogo di alcune delle offerte di film della seconda metà di Popcorn Frights, dagli slasher ai filmati trovati dell'orrore criptico.

Non distogliere lo sguardo

Il povero Frankie (Kelly Bastard) si trova nel posto sbagliato nel momento peggiore possibile. Il viaggio di Frankie verso casa viene deragliato quando un criminale in fuga da un furto di camion andato storto corre davanti alla sua macchina. Vedere il colpevole, un manichino solitario tirato fuori dal camion, la manda in stato di shock. Tanto che inizia a vedere il manichino ovunque. Gli amici di Frankie e il fidanzato poco solidale Steve (Colm Hill) lo attribuiscono al trauma residuo dell'evento finché non iniziano a vederlo anche loro, e il bilancio delle vittime aumenta.

Il regista Michael Bafaro, che ha scritto la sceneggiatura insieme a Michael Mitton, aggira saggiamente l'ostacolo più difficile in un film incentrato su un manichino assassino aggirandolo del tutto. Il manichino antagonista centrale rimane immobile sullo schermo, dando vita a una letale svolta horror nel gioco “luce rossa, luce verde”. Sebbene ciò alla fine funzioni a favore della narrazione, ostacola Don't Look Away in termini di paura. Il fatto che gran parte della recitazione sia rigida quanto il suo cattivo non aiuta, anche se il concetto presenta molto potenziale e Bafaro riesce a estrarre energia attraverso alcune sequenze di inseguimenti.

Questo è tutto

Fedele al titolo, That's a Wrap racchiude uno slasher nello slasher durante una festa di chiusura. Quando il cast e la troupe si riuniscono nello studio per celebrare la produzione, qualcuno decide di dare vita al giallo inscenando i propri omicidi, travestito da assassino del film.

Il regista Marcel Walz (Pretty Boy) inserisce una formula slasher standard con commenti sulla natura del mondo dello spettacolo. Una forte dipendenza dall'illuminazione gel vivida aggiunge sfarzo e glamour a una relazione sempre più sanguinosa con squallide basi gialle. Anche se è troppo basato sulla caratterizzazione per stabilire un interesse radicato, le sue accuse contro l'età e i doppi standard aggiungono profondità ed energia affascinanti a una vicenda altrimenti dipinta con i numeri. Anche i cameo dei sostenitori dell'horror Tom Savini, Cerina Vincent e Adam Green aggiungono personalità.

Marea invernale

Il cupo film horror del regista John Barnard, scritto insieme a Carrie-May Siggins, presenta un mondo distopico in cui il sole non sorge da molto tempo, facendolo precipitare in un eterno inverno oscuro. La maggior parte dei suoi residenti sono vagabondi simili a zombi, tormentati dalla depressione, o persone alla disperata ricerca di un mezzo per fermarla. Beth (Niamh Carolan) è tra coloro che studiano gli infetti letargici. Tuttavia, la sua precaria comprensione della realtà vacilla quando si rende conto che potrebbe esserci una connessione tra i suoi incubi e l'infezione.

Carolan è all'altezza del compito di realizzare un film horror esistenziale; gran parte del film si basa sul crescente dilemma morale di Beth mentre si rende conto lentamente di quanto i suoi sogni si riversano nel mondo della veglia. Enfatizza la lentezza, poiché Wintertide preferisce un ritmo lento per contemplare il terribile stato del mondo e la moralità dietro le azioni di Beth. La metafora centrale, che riflette la pandemia, può essere un po’ pesante, resa più evidente da quanto indefinita diventa la narrazione. In altre parole, Wintertide preferisce l'atmosfera e l'umore a combustione lenta rispetto alla storia.

La Messa Nera

Il pilastro dell'horror Devanny Pinn fa il suo debutto alla regia con uno spaccato incisivo e sconfortante di vero horror criminale. Ambientato in Florida alla fine degli anni '70, The Black Mass racconta le 24 ore in cui un killer perseguita e attacca in modo raccapricciante una confraternita di un college.

Lavorando su una sceneggiatura scritta in collaborazione con Eric Pereira e Brandon Slagle, Pinn lancia qui uno sguardo risoluto. Un numero sufficiente di indizi sottili dipinge un ritratto crudo di una mente disturbata basata sulla realtà, completo di sequenze allucinogene oltre i confini e un climax squilibrato che non trattiene la violenza. È cupo nelle sue rappresentazioni, con Pinn che usa la telecamera per costringere i suoi spettatori a guardare atti atroci, un confronto straziante che sfida gli spettatori a fare i conti con la macabra ossessione per il vero crimine. Sebbene il messaggio di Pinn sia ammirevole, viene trascorso troppo tempo con il nemico senza volto rispetto alle sue vittime, spingendo la sua caratteristica horror brutale un po' troppo lontano nel territorio dello sfruttamento. Ma l’intento severo che c’è dietro e l’approccio coraggioso sono encomiabili.

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